L’inizio è sempre difficile. Programmare, progettare, scrivere il tuo nome ovunque. Sentire una pulsione dentro e dargli il nome esatto. Inevitabile la domanda, “cosa vuoi adesso?” “cosa vuoi davvero?”
Sarà come tutte le altre volte o cambieranno le strade? Ogni volta si spera di fare qualcosa di grandioso. DI poter cambiare il mondo, potersi rinnovare.
E’ la logica dell’aggiornamento del software. Ma noi non siamo programmati, nessun software, nessun aggiornamento. Non basta che sia lunedì per potersi sentire migliori, che sia gennaio per poter cambiare, che arrivi domani per avere progetti di vita.
Bisogna lavorare sodo ogni istante per ogni cosa. Mantenersi integri, rimanere vivi, lavorare d’ali, mantenere il volo. Lavorare sodo perché la vita resti in vita, per comprargli il cappotto migliore, od offrirgli il drink migliore sotto l’ombrellone. Saperla ascoltare, carezzarla nei momenti di tristezza. E’ una madre, una figlia, una moglie. E’ il datore di lavoro, il compagno di stanza. E’ il macellaio, il nostro Dio. Tiene le fila di quelli che ci ruotano attorno, e c’è bisogno che ruotino, che si muovano, che continuino vorticosamente a girare, a tessere, ad essere. Sono i nostri vestiti. Sono la nostra immagine allo specchio, sono la nostra fine, sono adesso, il nostro inizio.