L’arte del pensiero stanco

pexels-photo-1148955.jpeg

Se riuscissi a non parlarmi
degli odori acerbi
non maturi ancora
sopra i tronchi,
e riuscissi a percepire
l’odore profumato
di ogni raggio in cielo
dentri l’oggi,
potrei rasserenarmi
in questa scomoda poltrona
tralasciando lo scomodo
e lasciando la poltrona.

Gentile intento, il riposo
come colorato insetto
sfiora il fiore e poi riparte,
così questa poltrona insegna

l‘arte del pensiero stanco.

Da parte le fatiche: Silenzio,
come nelle apnee notturne.

Trabocca la voglia
del respiro,
e fionda poi potente
il nuovo passo
sul resto del mio giorno
ormai già andante.

Tutto è pace

E le parole e i sogni e voi

E la tela sottile e luminosa:

Vortice, speranza nella

Disillusa vita.

 

Il frammento perso del

Mio senso,

l’ho cercato troppo in me

senza volerlo.

 

Non ho voluto sentirmi bene

Non ho voluto sentirmi.

 

Basta un solo brivido di pane

di coloro che non hanno

temuto il sole…

 

Basta un fulgido sapore di luce

basta una carezza,

e tutto è pace.

 

 

Su brina

Su brina inconsistente sono stesa:
Sublime consistenza dell’arresa.
Turbìne come essenze mai contese,
Cabine come messe in luci accese.

Cambiati massi in lucidi divani
è qui che mi son stesa, lì che vani
ricordi ingurgitati m’hanno tesa
tra ricche gite, ma non m’hanno presa

Ed io rimango qui sulla mia brina
Ed io distesa qui nella mattina.

Inizio (ricomincio da qui)

L’inizio è sempre difficile. Programmare, progettare, scrivere il tuo nome ovunque. Sentire una pulsione dentro e dargli il nome esatto. Inevitabile la domanda, “cosa vuoi adesso?” “cosa vuoi davvero?”

Sarà come tutte le altre volte o cambieranno le strade? Ogni volta si spera di fare qualcosa di grandioso. DI poter cambiare il mondo, potersi rinnovare.

E’ la logica dell’aggiornamento del software. Ma noi non siamo programmati, nessun software, nessun aggiornamento. Non basta che sia lunedì per potersi sentire migliori, che sia gennaio per poter cambiare, che arrivi domani per avere progetti di vita.

Bisogna lavorare sodo ogni istante per ogni cosa. Mantenersi integri, rimanere vivi, lavorare d’ali, mantenere il volo. Lavorare sodo perché la vita resti in vita, per comprargli il cappotto migliore, od offrirgli il drink migliore sotto l’ombrellone. Saperla ascoltare, carezzarla nei momenti di tristezza. E’ una madre, una figlia, una moglie. E’ il datore di lavoro, il compagno di stanza. E’ il macellaio, il nostro Dio. Tiene le fila di quelli che ci ruotano attorno, e c’è bisogno che ruotino, che si muovano, che continuino vorticosamente a girare, a tessere, ad essere. Sono i nostri vestiti. Sono la nostra immagine allo specchio, sono la nostra fine, sono adesso, il nostro inizio.